Sono passati pochi anni dai fatti della Pasqua, tutti parlano di Gesù di Nazaret, di ciò che è successo intorno a lui, del conflitto tra lui e gli ebrei e ciascuno trasmette a suo modo questi fatti con il rischio, prevedibile, di mancanza di chiarezza. Per i teologi Marco è il primo degli evangelisti che tenta di mettere un po’ d’ordine nel caos dei racconti relativi a Gesù. “Com’è iniziato tutto? Come avete conosciuto Gesù?”, alla curiosità dei primi cristiani Mc risponde scrivendo non un trattato di teologia, un catechismo o un codice morale ma un vangelo, cioè un racconto che non ha la pretesa di essere un’asciutta cronologia dei fatti perché il suo scopo è diverso, è quello di portare il lettore all’incontro con Gesù, a fare esperienza di lui.
1 Principio del Vangelo
di Gesù
Cristo
Figlio di Dio.
2 Come sta scritto in Isaia profeta:
“Ecco, io mando il mio angelo
davanti al tuo volto,
che preparerà la tua via.
3 Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la via del Signore,
fate diritti i suoi sentieri”,
4 venne Giovanni a battezzare nel deserto
e a proclamare un battesimo di conversione
per il perdono dei peccati.
5 E usciva verso di lui tutta la regione giudea,
e tutti quelli di Gerusalemme,
ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano
confessando i loro peccati.
6 Giovanni era vestito di peli di cammello,
e una cinta di pelle ai fianchi,
e mangiava locuste
e miele selvatico.
7 E proclamava dicendo:
Viene dietro di me
quello più forte di me,
del quale io non sono degno
di chinarmi e sciogliere il legaccio dei suoi sandali.
8 Io vi battezzai con acqua,
ma lui vi battezzerà in Spirito Santo.
Principio del Vangelo di Gesù Cristo Figlio di Dio: queste nove parole sono la sintesi non solo di tutto il vangelo di Marco ma di tutto il Nuovo Testamento. Gesù non si presenterà mai come Cristo o Figlio di Dio fino al momento del processo e della condanna a morte dove risponderà in modo affermativo alla domanda del sommo sacerdote: “Sei tu il Messia, il Figlio di Dio benedetto?”, questa sarà l’unica volta in cui Gesù svela la sua identità. Se ha atteso tanto è perché forse prima della sua umiliazione, i suoi compagni avrebbero potuto fraintendere lo scopo della sua missione.
Principio: Marco è il primo, abbiamo detto e usa la parola archè per iniziare, parola che richiama il principio di Genesi bereshit, in ebraico.
Archè vuol dire base, inizio, fondamento, punto solido di riferimento, pietra angolare di tutta la costruzione (parole come arcaico, archeologia vengono da questa parola greca). Fondamento di ciò che si rivela al mondo come bella notizia è Gesù Cristo.
del vangelo di Gesù: Mc, pur essendo il primo tra gli evangelisti, non è il primo a scrivere un vangelo perché i vangeli sono un genere letterario che esisteva già ai tempi di Gesù e di solito celebravano l’annunzio di una vittoria strepitosa, la vittoria sui nemici dell’impero o la nascita di un principe ereditario. Noi lo traduciamo dal greco come bella notizia, che per i cristiani ora è Gesù. Possiamo allora tradurre: “Inizio della buona notizia che è Gesù Cristo”. Tra l’altro, Mc non ha il racconto della nascita di Gesù come Mt e Lc quindi possiamo legare l’inizio del suo vangelo con la nascita di Gesù: la bella notizia è che è venuto al mondo Gesù. E se il vangelo per i pagani annunciava la pace per la vittoria sui nemici o per la nascita dell’erede di una dinastia regale, ora l’arrivo di Gesù è un annuncio di pace tra cielo e terra che non sono più due mondi distanti e incomunicabili tra loro ma con l’avvento di Luila pace regna tra cielo e terra.
Cristo: Gesù non è il Cristo (con l’articolo determinativo), cioè non è quello che ci aspettiamo noi, è altro, tutt’altro. Israele attendeva un messia glorioso e invece lui sarà un Messia che muore in croce. Stessa cosa per “Figlio di Dio” che rivela un modo diverso di essere figlio e di essere Dio. Egli è santo, radicalmente diverso da ogni nostro ragionare su di lui. La storia di Gesù è la critica più radicale di ogni religione, presenta un Dio ucciso dai giusti e morto in croce per gli empi.
Come sta scritto in Isaia profeta: è necessario che all’inizio vi sia un angelo, un messaggero, un inviato. Dio arriva nella nostra vita sempre tramite qualcuno che ha il compito di aprirci la via. Nessuno arriva a Dio da solo. Questo è un po’ il senso di essere Chiesa, io faccio esperienza di Dio perché qualcuno mi ha raccontato di lui e mi ha aperto la via.
In realtà si tratta di una citazione composita dai profeti Malachia e Isaia. Quale Isaia? Ciò che noi leggiamo come profeta libro del profeta Isaia in realtà è stato scritto da tre profeti che scrivono in tre periodi storici diversi: Primo Isaia (prima dell’esilio); Secondo Isaia (durante l’esilio); Terzo Isaia (dopo l’esilio). La citazione che leggiamo nel nostro testo è tratta dal un libretto chiamato “libro della consolazione” e scritto dal secondo Isaia. 40 anni dopo la deportazione del 587 il profeta consola il popolo in esilio che si trova a Babilonia. Un intero popolo è deportato in terra straniera e dopo 40 anni non c’è più nostalgia del ritorno, non c’è più speranza. Molti deportati hanno ormai rinunciato a rifarsi una vita in patria. Che senso ha sperare ancora in un ritorno a Gerusalemme? Il messaggio consolante di Isaia è: prepariamoci al ritorno il patria!
Voce di uno che grida nel deserto: Giovanni è la Voce e Gesù è la Parola. Come la Parola non può esprimersi senza voce, così Gesù non può esprimersi senza Giovanni; e come la voce senza la Parola è priva di senso, così senza Gesù la parola di Giovanni resta vuota. Il deserto è la distanza da percorrere tra schiavitù e libertà; la tensione tra un non-più e un non-ancora. Marco interviene nel testo con una semplice trasposizione della punteggiatura che permette di applicare a Giovanni che vive nel deserto ciò che Isaia riferiva al popolo schiavo in Babilonia e non nel deserto. “Una voce grida: nel deserto preparate la via al Signore…”.
Preparate: Siamo soliti leggere queste parole come uno sforzo morale da compiere in questo tempo d’avvento per raddrizzare la nostra via tortuosa e complicata. Se questo è vero, è altrettanto vero che non abbiamo letto bene il testo di Mc che dice che la via da preparare non è la nostra ma è quella del Signore e che i sentieri che dobbiamo fare diritti non sono i nostri ma i suoi, appunto. Raddrizzare i nostri è una conseguenza. Ma che significa preparare la sua via? Nel testo ebraico di Isaia 40,3 ciò che noi traduciamo con “preparare” in realtà è il verbo ebraico panah, un verbo che ha a che fare con la faccia, col voltarsi. Preparare assume allora la sfumatura di pararsi di fronte alle vie di Dio, mettersele davanti la faccia, non tanto di ripulirle, sistemarle, abbellirle ecc.
Smettere di guardare le nostre vie e metterci davanti alle vie di Dio, guardare le sue. Passare dai nostri progetti e cammini ai suoi. Allora possiamo comprendere perché i sentieri di Dio sono storti, perché abbiamo piegato la realtà ai nostri schemi, possiamo storcere le vie di Dio quando le guardiamo non di fronte ma di lato, quando ci riserviamo sempre uno spazio per guardare altro. Quando ridimensioniamo Dio in base ai nostri schemi allora le vie di Dio si fanno tortuose. Poniamoci di fronte le vie di Dio!
…la via del Signore: Ma qual è la via del Signore? Da Babilonia a Gerusalemme c’era una strada, ma fiancheggiava le montagne, 1000 km per non attraversare il deserto! I babilonesi non immaginavano una strada che tagliasse il deserto. Isaia dice: Dio osa, la sua via taglia il deserto!
Il deserto si trasformerà in una grande strada, Dio ha deciso di porre fine al tempo dell’assenza, è possibile tornare di nuovo, la via del Signore è la via del ritorno. In questo tempo d’avvento siamo chiamati anche noi a percorrere la via del ritorno alla libertà dalla schiavitù ma ponendoci davanti la sua via e non la nostra, non si torna al Signore ostinandosi a percorrere le proprie vie o guardando la sua via da lontano. Solo se me la metto davanti alla faccia posso percorrerla!
un battesimo di conversione: Se in natura c’è prima la vita e poi la morte, nella vita spirituale la morte precede la vita. Il battesimo ci seppellisce con lui per farci rinascere in lui. Questa è la via che dobbiamo porci davanti, quella del lasciarci uccidere da Dio, lasciar morire ciò che non ci permette d’immergerci in lui per poi rinascere. Il verbo per indicare la conversione, in ebraico šub, indica voltarsi di 180°, cambiare direzione, riorientare la vita. Perché il Battesimo non solo mi lava ma mi deve uccidere, se è quello di Cristo mi deve uccidere.
per il perdono dei peccati: il perdono precede sempre il nostro ritorno, è perché lui ci perdona che possiamo tornare, convertirci. Peccare in ebraico è “fallire il bersaglio”, peccare è come scagliare una freccia ma mancare il segno. Deserto, conversione, peccato, perdono sono i termini fondamentali della storia di Dio con Israele e della nostra storia con Dio.
E usciva verso di lui…: Accorrevano a Giovanni da tutta la regione della Giudea, è straordinario! Si stupisce persino l’evangelista, tanto che diventa eccessivo nella descrizione. Non sembra verosimile che tutti gli abitanti di Gerusalemme hanno accettato le parole di Giovanni e sono accorsi in massa.
Comunque, nonostante l’immagine iperbolica, ci interessa capire che ora la Giudea e Gerusalemme che erano il centro del culto di yhwh non sono più il luogo dove andare ma da cui uscire. Usciamo dai nostri luoghi santi, dalle nostre immagini di Dio per accogliere colui che viene.
Giovanni era vestito di peli di cammello…: Giovanni ha la divisa di Elia (vestito di peli di cammello), e del pellegrino (una cinta di pelle ai fianchi); tante volte Gesù dice di stare con i fianchi cinti, di essere pronti al cammino, all’esodo. Se ci pensiamo non è molto attraente un uomo vestito di peli di cammello e che mangia cavallette, eppure gli uomini accorrevano a lui. La motivazione del “successo” dell’annuncio del Battista probabilmente sta nel fatto che l’annuncio è nitido, chiaro, autentico. Quando il nostro annuncio del vangelo di Gesù è esigente, non è annacquato, allora lì l’uomo trova ciò che cerca. Siamo chiamati a richiamare alla serietà, alla verità…senza mezze e comode misure, altrimenti quello è storcere le vie di Dio.
del quale io non sono degno di chinarmi…: A che cosa si riferisce Giovanni Battista? Alla legge del levirato. I riferimenti su questo li troviamo nel libro Deuteronomio, al capitolo 25, oppure nel libro di Rut, al capitolo 4. La legge del levirato consisteva in questo: quando una donna rimaneva vedova, senza un figlio, il cognato – da qui il termine “levirato”, “levir” significa cognato – aveva l’obbligo di unirsi a lei e darle una discendenza e il figlio che nasceva era come se fosse il figlio del marito defunto. Quando, per qualche motivo il cognato rifiutava, il parente più prossimo che aveva diritto dopo di lui e che accettava di unirsi alla donna, procedeva alla cerimonia dello scalzamento, scioglieva il sandalo della persona che si era rifiutata, sputava e questo significava “il tuo diritto su questa donna passa a me, io sono lo sposo”.
Allora Giovanni Battista, non sta facendo una lezione di umiltà, ma dice “non prendete me come colui che deve fecondare questa vedova, non posso sciogliere il sandalo a lui e unirmi alla vedova perché lui è lo sposo”. Chi è questa vedova? Il rapporto tra Dio e il popolo era raffigurato come quello tra uno sposo e una sposa.
Ma erano tanti i peccati, tante le infedeltà di Israele, che si considerava questo rapporto ormai concluso e Israele si sentiva come una vedova del suo Signore, dicono alcuni autori: la vedova di un marito vivente!
Allora “colui che viene a rigenerare vita in questa vedova non sono io, ma è colui che è più forte di me” perché vi battezzerà in Spirito Santo, vi immergerà nella vita di Dio.
Suor Mara Campagnolo ssc