Il Natale, ormai alle porte, ci ricorda una verità un po’ pesante da digerire, ci ricorda che Dio viene e l’uomo non si fa trovare, che il neonato di Betlemme non ha suscitato una grande accoglienza tra gli abitanti del paese, che l’umanità in fondo non ha fatto una gran bella figura quando Dio è sceso. A Natale, celebriamo il dramma di un Dio che viene e dell’uomo che non c’è, di un Dio presente e di un uomo assente; di un Dio che viene piccolo e che ha bisogno di me e io che non so che farmene di un Dio che ha bisogno di me. La liturgia ci aiuta a recuperare il Natale attraverso la Parola e, infatti, proprio il giorno di Natale ci fa leggere, il prologo di Giovanni: “venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto”. Gli hanno detto: No. Una spada al cuore!
Tra quelli che l’hanno accolto però, tra quelli che hanno detto sì ancor prima di sapere come sarebbe andata a finire, c’è un personaggio, protagonista della storia che stiamo per commentare: Maria.
26 Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34 Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio».38 Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.
Al sesto mese: Il testo di Lc inizia con un’indicazione temporale. Il sesto mese dal concepimento del Battista. Lc ci indica così che i due testi sono legati e perciò sono da leggere insieme. Leggendo di seguito i racconti delle due annunciazioni ci accorgiamo con stupore della differenza tra loro.
L’annunciazione a Zaccaria avviene infatti in Giudea, a Gerusalemme, la città santa; l’altra in Galilea, la periferia per eccellenza, abitata da ebrei contaminati con i pagani, e nella sconosciuta Nazaret, città senza alcuna importanza per gli ebrei perché mai nominata dalla Scrittura (ricordiamo Gv 1,46: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?), fuori da ogni rotta commerciale, paese occupato, con poche risorse, si viveva per lo più di pastorizia. A Nazaret vivevano una trentina di famiglie, non più di 400 persone al tempo di Gesù e studi archeologici dimostrano che gli abitanti ricavavano le loro abitazioni dalle grotte. Abitavano nelle caverne, un popolo di cavernicoli! A noi che cerchiamo sempre la visibilità, la capitale, Dio dice che le nostre piccole vite, la nostra vita meschina può diventare luogo dove Dio viene ad abitare.
I primi sono un sacerdote (Zaccaria) e una discendente di Aronne (Elisabetta); Maria invece è una semplice e sconosciuta ragazzina forse di tredici anni. A Gerusalemme la scena si svolge nel tempio, in una solennissima celebrazione, addirittura nel Santo dei Santi – luogo perfetto per un’apparizione divina – , a Nazaret, invece, siamo presumibilmente a casa di Maria, Luca non lo dice ma lo si può supporre. Comunque in un luogo che non ha alcuna importanza difatti non è specificato dall’evangelista. Il lettore confronta i due racconti e rimane stupito di fronte alla diversità e alla libertà con cui agisce il Signore che fa ciò che vuole.
Chiama nel tempio e fuori dal tempio, un sacerdote e una ragazzina, come vuole.
Il sesto mese è anche segno di incompiutezza! Per gli ebrei, quando vuoi raccontare una manifestazione divina, un episodio teologicamente importante tu stai molto attento ai numeri che inserisci nel racconto perchè per loro i numeri, così come i nomi sono incredibilmente importanti e guidano la lettura del testo. Luca dice “il sesto mese”, ci ricorda il sesto giorno della creazione dove il creato è ancora incompiuto perché “Dio nel settimo giorno portò a compimento il lavoro che aveva fatto”. il sesto mese è un tempo incompleto! il nostro tempo è sempre incompleto finchè non viene il sì e il sì ci fa passare dall’incompletezza al compimento. Il sesto è dunque mese di un progetto incompiuto…è il tempo che ci sembra il peggiore di tutti perché Dio irrompa nella nostra vita. Ora è il nostro sesto mese. Adesso e non ieri. Non devo aspettare tempi migliori per dire “Sì”. Non domani, l’unico tempo che abbiamo è il presente, il tempo peggiore di tutti. Se no passiamo mezza vita a pensare al futuro e l’altra mezza a rimpiangere il passato e questo tempo non lo viviamo mai. É inutile vivere rimpiangendo il passato o sognando un futuro che non c’è ancora: così non viviamo. La sanità mentale è vivere il presente.
In una città della Galilea chiamata Nazaret…la vergine si chiamava Maria: Maria è chiamata lì dove si trova, “da lei”, cioè lì dove stava, a Nazaret. Maria è la donna delle periferie. Nasce in Palestina, piccola regione periferica dell’immenso impero romano. Viene dalla Galilea, terra di frontiera, quasi Libano, quasi Siria, quasi pagana. Donna del villaggio di Nazaret, paese mai nominato nella Bibbia: un pugno di case senza storia, senza ricordi, senza futuro. È donna in una società dove le donne hanno pochissimi diritti; una piccola donna, quasi una bambina, in un tempo in cui i giovani devono solo ubbidire; forse illetterata in una religione che ha il proprio centro nelle Scritture. Per entrare nel mondo Dio ha scelto la via della periferia. Entra nel mondo dal punto più umile, dal basso, affinché nessuno si senta escluso dal suo abbraccio. Maria viene dalla periferia delle periferie, a dirci che tutti possiamo riconoscerci in lei, perché nessuno ha meno di lei e ci chiama a ripartire ciascuno dalle nostre periferie, perché Dio ci attende là dove noi non vorremmo mai essere.
L’angelo non le chiede di andare altrove, o non aspetta che lei si rechi al tempio per incontrarla. Il Signore mi chiama qui dove mi trovo, non a Lourdes, a Medjugorie o agli esercizi spirituali…non devo aspettare di fare un pellegrinaggio perché il Signore mi parli. Perché, cosa impedisce a Dio di parlarti ora e a casa tua?
entrando da lei: Gabriele vuol dire: “Forza di Dio”. La forza di Dio dunque la investe e comincia a dialogare con lei. Elementi visivi ridotti al minimo dall’evangelista, si tratta di ascoltare i dialoghi. Ascoltiamo!
Rallegrati: il nostro Ave non traduce fedelmente ciò che in greco ha un significato più intenso: Gioisci! Rallegrati! La volontà di Dio per Maria, per me e per te è che io, tu, lei siamo contenti. Lui ci ha creati per la gioia perché lui è gioia. È il primo comando di Dio a Maria: gioisci! É il comando del vangelo ad ogni uomo. Ce lo dice anche Papa Francesco nella Evangelii Gaudium:
La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.
Tante volte i profeti lo avevano annunciato alla figlia di Sion: “rallegrati, viene il tuo re”, e Maria che conosce le Scritture si ricorda della parola dei profeti.
Graziata: l’angelo dà a Maria un nome nuovo: “graziata”. Il verbo in greco è un perfetto, cioè un passato che continua nel presente. Non ora Maria diventa bella, a seguito delle parole dell’angelo, ma è piena di grazia, è bella e graziata fin dall’inizio della sua esistenza. La forza di Dio (Gabriele) viene a svelare a Maria ciò che lei è sin dal principio della sua esistenza per opera di Dio: piena di Grazia. Così Maria è stata preparata all’avvento!
In greco poi grazia e gioia hanno la stessa radice: la grazia che è la presenza di Dio in Maria è al tempo stesso gioia perchè la gioia è la presenza di Dio nel cuore dell’uomo. Perché l’angelo non la chiama col suo nome? Maria! Perché il nome di Maria è l’amore di Dio per lei, anche il mio nome è l’amore che Dio ha per me. Io mi chiamo “Amore di Dio”.
Il Signore è con te: L’angelo che le dà il nome continua dicendole il nome di Dio: “Il Signore con te”. Il nome del Signore è “essere con” l’uomo. Lui non è un essere solitario ma è sempre con, ed è con me adesso, nel sesto mese della mia incompiutezza. Ciò che lo definisce è un complemento di compagnia!
Questo annuncio per una ragazza di circa 13 anni, di Nazaret, di Galilea non vi sembra esagerato? Come può Maria non essere turbata, anzi molto turbata? Il verbo che usa Luca è usato di solito dai greci per descrivere un maremoto, perché proprio di questo si tratta: un maremoto dell’anima. Così sconvolta emotivamente comincia un dibattito interiore, si chiede: che tipo di saluto è questo? Quelle parole l’hanno riempita di gioia e al tempo stesso scombinato i suoi progetti di vita…così avviene per ogni uomo o donna che s’innamora di Dio e che Dio chiama a sè: una grande gioia ma un grande trambusto interiore e ti chiedi: che succede? Ma parli proprio a me? Forse dovevi bussare alla Maria della casa di fronte!!!
che senso avesse un tale saluto…Perciò Maria si interroga e un israelita quando si interroga su qualcosa non chiede luce ad uno psicologo o alla filosofia ma ai testi della Scrittura. Maria cerca di ricordare, di scrutare le Scritture e di trovare in esse un episodio simile che potesse fare luce e ordine al turbamento interiore che era appena cominciato.
Dove, quando e a chi un saluto del genere era mai stato posto nella storia d’Israele?
Maria, che conosceva bene le Scritture, si ricorda del primo episodio simile nella storia d’Israele, ricorda Gen 18: l’apparizione dei tre angeli alle querce di Mamre: “Tornerò da te tra un anno a questa data e Sara tua moglie avrà un figlio”. Ma Sara era sterile e vecchia, era impossibile per lei avere un figlio come era impossibile per Maria concepire senza conoscere uomo.
Come facciamo a sapere se Maria stava pensando a questo testo nel suo domandare alle Scritture? Luca ci dà un indizio, fa riferimento a un’altra sterile e vecchia, Elisabetta e al v. 37: “Nulla è impossibile a Dio”; anche i tre angeli dicono ad Abramo: “c’è forse qualcosa di impossibile per il Signore?” Maria, che conosceva a memoria la Scrittura, proprio dopo queste parole non esita più, non chiede più nulla e aderisce decisamente alla proposta. Dice di Sì! Si è ricordata della fedeltà di Dio alle promesse fatte ad Abramo! E lo canterà nel Magnificat: “come aveva promesso ad Abramo e alla sua discendenza per sempre”.
È importante la memoria delle Scritture, anche nella nostra vita. Basta ricordare cosa ha fatto Dio con i personaggi non certo esemplari della Bibbia e rispecchiarci in loro, basta leggere e troviamo la nostra vita scritta lì dentro e non siamo noi a leggere la Parola ma è lei a leggere noi. Quante volte cerchiamo nella scrittura la risposta ai nostri turbamenti, alle cose che non capiamo? Quante volte prendiamo in mano la Scrittura e ci ricordiamo come Dio ha agito con un personaggio che, magari, ci assomiglia?
Come avverrà questo? Non conosco uomo: Ma ce la immaginiamo questa ragazzina che parla col principe degli angeli? Altro che remissiva, timida e rassegnata! Maria ha un forte temperamento, rende fiera l’umanità, parla alla pari con Dio. Entra nel disegno di Dio a testa alta, chiedendo, volendo sapere e mette in gioco la sua intelligenza. Maria dice infatti all’angelo: “non conosco uomo” e perciò la tua proposta è strana. Luca non ce lo dice per informarci sul fatto che Maria era una brava ragazza e neanche si può dedurre dal testo alcuna allusione ad un voto privato di verginità. Significa che non convivo ancora con Giuseppe. Avrà pensato:devo anticipare la convivenza con Giuseppe? Devo farlo io il Messia? No, no….è Lui che farà tutto, tu devi solo abbandonarti e credere che ciò sarà possibile. Dobbiamo sempre ricordarci che siamo in Palestina e che per la cultura di quel tempo non avere discendenza era una maledizione di Dio e non proprio una bella scelta! Quindi il fatto che Maria sia vergine era solo segno che era una donna non arrivata ancora alla pienezza della femminilità che si compie nella maternità. Ebbene, Luca ce lo racconta per dirci che Dio trae la vita dalla verginità. Non è una guarigione dalla sterilità, come per Elisabetta e per tutte le matriarche d’Israele. Si tratta di qualcosa mai avvenuto prima: un atto di creazione dal nulla, non di guarigione!
Nel nostro nulla Dio ha il potere di irrompere e far nascere la vita. Lui può operare con te l’impossibile ma per comprenderlo devi guardare non a te che umanamente non hai i requisiti per generare Gesù ma a Lui. Noi davanti alle cose difficili ci blocchiamo Maria invece si chiede e chiede spiegazioni e poi lascia fare a Dio!
Infatti, lo Spirito Santo scenderà su Maria e la coprirà con la sua ombra, come la notte della creazione quando lo Spirito aleggiava sulle acque, come la nube dell’Esodo nella notte in cui nacque Israele come popolo di Dio uscendo dal grembo dell’Egitto. “Dall’Egitto – dice il Signore – ho chiamato mio figlio”.
Maria ricorda il concepimento di Sara, la creazione e l’esodo e l’angelo le ricorda ancora la storia di Elisabetta: come è stato possibile per loro così sarà possibile per te, Maria!
Ecco la serva del Signore, avvenga a me secondo la tua Parola: Non bastava dire: avvenga a me…? Invece Maria si presenta, dice il suo nome. Lc ci dà il nome di Maria. Maria c’insegna che per sapere come rispondere dobbiamo prima sapere chi siamo, nella semplicità di Maria c’è la risposta di un cristiano (senza bisogno di arricchire gli psicologi): io sono tua e sono per servirti! Perché vivo? Chi sono? Che ci sto a fare al mondo? Se ho un microfono, mi serve per parlare ecc. se ho una vita perché ce l’ho? Maria semplifica la sua esistenza e la sua risposta semplifica tutti noi. Finchè non ci capiamo come servi di Dio, viviamo male perché non ci siamo capiti! Perché la mia infanzia? Le mie sofferenze? Riuscirò a capire quando la smetterò di chiedermi perché succedono le cose, ma per chi? In funzione di quale atto d’amore?
“Avvenga…”, in greco è un ottativo: si è acceso un desiderio, c’è una donna felice e desiderosa di rispondere di sì. Che bello, Signore compilo!
Se ora noi tutti siamo qui è perché lei ha detto sì e di quel sì noi ne sentiamo ancora l’eco. Quanti ostacoli mettiamo all’opera di Dio!
Nel racconto dell’annunciazione a Maria però accanto alla gioia Luca ci ha lasciato tre indizi del dramma che è nascosto tra le righe del testo. Il fatto che tutto ciò avviene in città e non in campagna, il fatto che avviene ad una promessa sposa, non ancora convivente col marito sono dei riferimenti chiari alle prescrizioni della Torah, l’insegnamento degli ebrei.
E l’angelo si allontanò da lei significa: fine delle apparizioni. Maria, scordati gli angeli. Da qui al Golgota Maria resterà sola, sola con le sue scelte, i suoi dubbi, con la sua vita e il suo mistero. Dove si trova quest’angelo? Dove è andato?
Va altrove, va a compiere la sua missione altrove, è qui ad annunciare a noi che ogni brano della Scrittura attende il nostro sì. Che questo Natale diventi un sì al perdono, all’interiorità, all’onestà, all’autenticità, alla speranza.
a cura di Suor Mara Campagnolo ssc
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