Alla luce della Parola – che è davvero come una lampada – possiamo vedere, Signore, dove posare i piedi per avanzare nel cammino verso il monte della Trasfigurazione.
Spirito Santo, fa’ che questa Parola diventi dentro di noi preghiera,
ci riempia del senso della presenza di Dio,
ci metta sempre più in silenzio,
ci faccia percepire sempre di più il limite di ogni nostra parola. Amen.
(Anna Maria Cànopi)
Gen 22,1-19
1 E accadde che, dopo queste parole, Dio mise Abramo alla prova.
E gli disse: “Abramo”, e disse “Eccomi”.
2 E disse: “Prendi, ti prego, tuo figlio,
il tuo unico, che ami, Isacco,
e vattene verso la terra del Morîya / della visione
e fallo salire là per un olocausto
su una delle montagne che ti dirò”.
3 E al mattino presto, Abramo sellò il suo asino
e prese i suoi due ragazzi con sé e Isacco suo figlio
e taglio della legna dell’olocausto
e si alzò e andò al luogo che gli aveva detto Dio.
4 Il terzo giorno, Abramo alzò gli occhi
e vide il luogo da lontano.
5 E Abramo disse ai suoi ragazzi:
“Restate qui, voi con l’asino,
ed io ed il ragazzo andiamo fino a l�
affinchè ci prostriamo e torniamo verso di voi”.
6 E Abramo prese la legna dell’olocausto
e la mise su Isacco suo figlio
e prese nella sua mano il fuoco e il coltello.
E andarono entrambi unitamente.
7 E Isacco disse ad Abramo suo padre,
e disse: “Padre mio”,
e disse: “Eccomi, figlio mio”,
e disse: “Ecco il fuoco e la legna,
ma dov’è l’agnello per l’olocausto?”
8 E Abramo disse: “Dio vedrà per sé
l’agnello per l’olocausto figlio mio”.
E andarono entrambi unitamente.
9 E arrivarono al luogo che gli aveva detto il Signore
e Abramo costruì là l’altare e dispose la legna
e legò Isacco suo figlio e lo mise sull’altare sopra la legna
10 e Abramo stese la sua mano e prese il coltello
per immolare suo figlio.
11 E il messaggero del Signore lo chiamò dal cielo
e disse: “Abramo, Abramo”,
e disse: “Eccomi”.
12 E disse: “Non stendere la tua mano sul ragazzo
e non fargli niente.
Sì, adesso so che tu sei uno che ha timore di Dio,
e non hai risparmiato tuo figlio
il tuo unico lontano da me”.
13 E Abramo alzò gli occhi e vide,
ed ecco: un ariete, dietro,
impigliato nel cespuglio dalle sue corna,
e Abramo andò e prese l’ariete
e lo fece salire in olocausto al posto di suo figlio.
14 E Abramo chiamò il nome di questo luogo
“il Signore vede”,
che è detto oggi
“Su una montagna, il Signore è visto”.
15 E il messaggero del Signore chiamò Abramo
una seconda volta dal cielo
16 e disse: “Su di me faccio giuramento – oracolo del Signore:
sì, poiché hai fatto questa parola
e non hai risparmiato tuo figlio il tuo unico,
17 sì benedire ti benedirò,
e moltiplicare moltiplicherò la tua discendenza
come le stelle del cielo
e come la sabbia che è in riva al mare,
la tua discendenza prenderà possesso
della porta dei suoi nemici,
18 e si benediranno nella tua discendenza
tutte le nazioni della terra
perché hai ascoltato la mia voce”.
19 Abramo tornò verso i ragazzi,
e si alzarono e andarono unitamente verso Bersabea,
e Abramo dimorò a Bersabea (Pozzo del giuramento).
Cerchiamo di immergerci nel racconto, di leggere il racconto, lasciamoci portare da Dio, da Abramo, i grandi protagonisti di questa storia.
Dio mise Abramo alla prova
C’è un narratore in questo racconto che narra il fatto che Dio mette alla prova Abramo. Il narratore ci dà un anticipo su quello che succederà, quello che sta per accadere è una prova per Abramo. Abramo non lo sa che è una prova e neppure Isacco, lo sappiamo noi che leggiamo il testo. Che cos’è una “prova” nella Scrittura? È un modo che Dio usa per conoscere la persona, Dio sa ma Dio vuole sapere “paradossalmente”, vuole sapere nell’attualità della tua vita come ti comporteresti in questa situazione. Allora Dio mette alla prova per conoscere l’uomo.
E gli disse: “Abramo”, e disse “Eccomi”. E disse: “Prendi, ti prego, tuo figlio, il tuo unico, che ami, Isacco,
Un commentatore medioevale di questo testo immagina un dialogo tra Dio e Abramo.
Gli disse Dio: «Prendi tuo figlio.
Gli disse Abramo: Due figli sono miei.
Gli disse: il tuo unico.
Gli disse Abramo: Questo è unico per sua madre e quello è unico per suo padre.
Gli disse Dio: quello che ami.
E Abramo risponde: amo ambedue.
Allora disse alla fine: Isacco.
Si tratta del fatto che in realtà, Dio vuole suscitare in Abramo un’obbedienza responsabile, un’obbedienza consapevole, gli fa misurare fino in fondo l’esigenza di questa richiesta: il tuo unico, quello che ami, Isacco.
Isacco vuol dire in ebraico “riderà”, infatti quando Sara riceve l’annuncio della nascita di Isacco, ride a causa della sua sterilità e anzianità, e così che Isacco è proprio il figlio del riso, colui che adesso è messo davanti ad una richiesta drammatica in opposizione al suo nome che invece suscita allegria.
e vattene verso la terra del Morîya / della visione
È la seconda volta che Dio dice ad Abramo “vattene”, quando Dio chiama Abramo per la prima volta in Gen 12 gli dice “vattene dalla tua terra, dalla tua parentela, dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò”. Per la seconda volta, Dio di nuovo chiama Abramo e gli dice “vattene” stavolta offri tuo figlio. È l’ultimo ordine che Dio dà ad Abramo, in ambedue i casi si tratta di lasciare qualcosa, nel primo caso Abramo è chiamato a lasciare la sua terra, adesso è chiamato a sacrificare la sua discendenza. Prima si trattava di lasciare il suo passato, ora è un sacrificare il suo futuro.
e fallo salire là per un olocausto su una delle montagne che ti dirò
La richiesta divina può essere capita in due maniere. Possiamo vedere Isacco come la vittima del sacrificio, oppure può voler dire offrire il sacrificio con Isacco. L’olocausto del figlio oppure no? Non è specificato. La richiesta in se stessa è ambigua, può essere interpretata in diversi modi. Abramo potrebbe pensare di sacrificare suo figlio e allora cosa ne sarà della sua discendenza, della promessa fatta da Dio? Un Dio che promette e toglie quello che promette! Che Dio è?
Se Abramo invece pensa di salire e offrire un sacrificio con Isacco, si chiede se corrisponde veramente alla richiesta di Dio, a quello che chiede Dio, un Dio che ha chiesto ad Abramo sempre scelte radicali, adesso sembra che la sua relazione si sia normalizzata, forse che adesso Dio vuole solo sacrifici rituali. Ma il Dio di Abramo ha chiesto sempre qualcosa di se stesso.
Abramo deve interpretare l’ordine di Dio, non è chiaro quello che Dio dice, e noi non sappiamo come lo interpreta. In lui c’è un’obbedienza estrema e una speranza estrema.
E al mattino presto,
Dal v. al v. 3 è trascorsa una notte. Di questa notte non abbiamo nessuna parola, sarà stata però una notte drammatica, la notte di Abramo.
Abramo sellò il suo asino e prese i suoi due ragazzi con sé e Isacco suo figlio e tagliò della legna dell’olocausto e si alzò e andò al luogo che gli aveva detto Dio.
La preparazione per partire dura molto meno di una notte, eppure sono descritti con più tempo. Quella notte passa subito, il narratore invece sottolinea che la preparazione per quel momento è stata drammatica. La legna, ciò che gli ricorda di più l’olocausto, è alla fine. Ritarda nel prendere l’oggetto che gli ricorda il sacrificio, e poi una cosa illogica è che prende i ragazzi, i servitori, e poi dice di andare a spaccare la legna, fa fermare loro e va a spaccare la legna, sperando che qualcuno o qualcosa l’avrebbe fermato.
Il terzo giorno, Abramo alzò gli occhi e vide il luogo da lontano.
Quando arriviamo in un luogo che ci fa paura, dove non vorremo andare, siamo lontani ma già la vista del luogo ci fa paura. Questo è il punto di vista di Abramo che vede il luogo da lontano ed è come se fosse già arrivato.
E Abramo disse ai suoi ragazzi: “Restate qui, voi con l’asino, ed io ed il ragazzo andiamo fino a là affinché ci prostriamo e torniamo verso di voi”.
Come capire queste parole? Abramo dice una bugia? Sta mentendo ai servitori? Può essere una bugia o può essere ancora l’indizio che Abramo spera che l’ordine di Dio sia quello di offrire il sacrificio con Isacco.
E Abramo prese la legna dell’olocausto e la mise su Isacco suo figlio e prese nella sua mano il fuoco e il coltello. E andarono entrambi unitamente.
Il focus del narratore è sugli oggetti che prendono. Il fuoco e il coltello sono due elementi che si avvicinano ancora di più all’atto dell’immolazione. Abramo continua a sperare, il dramma cresce perché Abramo e noi sappiamo che è una prova ma Isacco non sa niente.
E Isacco disse ad Abramo suo padre, e disse: “Padre mio”, e disse: “Eccomi, figlio mio”, e disse: “Ecco il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?” E Abramo disse: “Dio vedrà per sé l’agnello per l’olocausto figlio mio”. E andarono entrambi unitamente.
Sono le ultime parole di Abramo che da questo punto in poi resterà in silenzio fino alla fine. Per alcuni esegeti al v.8 la risposta di Abramo può essere interpretata in due modi dato che in ebraico non c’è la punteggiatura che è posta nelle nostre traduzioni:
1) Dio vedrà per sé l’agnello per l’olocausto, figlio mio.
2) Dio vedrà per sé l’agnello per l’olocausto: mio figlio.
In realtà Abramo sta parando come Dio, dentro di sé ha il dubbio s come interpretare l’ordine di Dio, infatti risponde così, in modo ambiguo. Abramo non sa ancora cosa Dio voglia da lui.
E arrivarono al luogo che gli aveva detto il Signore e Abramo costruì là l’altare e dispose la legna e legò Isacco suo figlio e lo mise sull’altare sopra la legna e Abramo stese la sua mano e prese il coltello per immolare suo figlio.
Per la prima volta, nel v.10, compare il termine immolare. Adesso sappiamo che Abramo sceglie la prima interpretazione, quella di andare sul monte per immolare il figlio. Ha scelto l’interpretazione radicale ma spera profondamente che Dio non stia chiedendo proprio questo e sembra che il gesto non raggiunga mai il bersaglio, è un’azione che si prolunga. Il rallentamento del testo non finisce così come non finisce la speranza di Abramo. Il gesto rimane sospeso. È come se Abramo dicesse: “Dio ti prego, intervieni”.
E il messaggero del Signore lo chiamò dal cielo e disse: “Abramo, Abramo”, e disse: “Eccomi”. E disse: “Non stendere la tua mano sul ragazzo e non fargli niente. Sì, adesso so che tu sei uno che ha timore di Dio, e non hai risparmiato tuo figlio il tuo unico lontano da me”.
Siamo arrivati allo scopo della prova perché Dio dice “adesso so che tu sei uno che ha timore di Dio”.
E Abramo alzò gli occhi e vide, ed ecco: un ariete, dietro, impigliato nel cespuglio dalle sue corna, e Abramo andò e prese l’ariete e lo fece salire in olocausto al posto di suo figlio.
Era vero che Abramo doveva offrire con Isacco un olocausto, era vero che Abramo non doveva offrire Isacco per olocausto. La vittima è un’altra, è un animale, un ariete. In realtà, ci saremmo aspettati un agnello. Viene offerto il simbolo non del figlio ma del padre, la prova di Abramo era sulla sua paternità, è questa che deve sacrificare. Nel momento in cui Abramo si attacca al dono, Dio gli chiede di disfarsi del dono per ritornare e riconcentrare la sua donazione sul donatore di ogni dono. Abramo vive la sua paternità in maniera possessiva e Dio vuole che la prova sia sulla sua paternità.
E Abramo chiamò il nome di questo luogo “il Signore vede”, che è detto oggi “Su una montagna, il Signore è visto”.
Abramo accede alla comunione con Dio. Il risultato della prova è che sulla montagna il signore è stato visto da Abramo e Abramo vede il Signore. Sulla montagna c’è comunione tra Abramo e Dio, e questo era lo scopo della prova. Il volto di Dio nessuno lo può vedere dice nella Bibbia, ed ecco che Abramo accede al Volto di Dio, Abramo vede Dio, e Dio vede Abramo. Il Signore vede e si fa vedere, faccia a faccia. Questo è stato reso possibile dal fatto che Abramo era disponibile a disfarsi del dono di Dio.
E il messaggero del Signore chiamò Abramo una seconda volta dal cielo e disse: “Su di me faccio giuramento – oracolo del Signore: sì, poiché hai fatto questa parola e non hai risparmiato tuo figlio il tuo unico, sì benedire ti benedirò, etc.
Isacco è riconosciuto come un dono e tramite la prova Dio dà ad Abramo la possibilità di fare anche lui un dono a Dio, Dio gli ha donato il figlio, noi non siamo solo persone che ricevono doni da Dio, da questo momento in poi lui è capace di donare a Dio. Non è solo Dio che dona ma anche l’uomo, Abramo. Dio gli fa un grande regalo, mette il loro rapporto alla pari, non è solo Lui che può donare ma anche l’uomo, Dio dà la possibilità di donare.
Abramo tornò verso i ragazzi, e si alzarono e andarono unitamente verso Bersabea, e Abramo dimorò a Bersabea (Pozzo del giuramento).
E Isacco? Per la Bibbia Isacco ricompare alla morte di Abramo. Abramo ritorna verso i ragazzi da solo, non c’è più Isacco. Perché sparisce Isacco?
In realtà vuol dire che Abramo ha sacrificato Isacco. Il dono scambiato tra Dio e Abramo adesso scompare e lascia spazio alla comunione tra Dio e Abramo. Il fatto che va a vivere a Bersabea, il pozzo del giuramento, è significativo, va a dimorare laddove Dio gli ha giurato una discendenza, quella discendenza siamo noi, i credenti.
Il desiderio di Dio è quello di stare in comunione con Abramo, di guardarlo faccia a faccia e questo può avvenire solo sul monte della visione (v.2) quando Dio e Abramo si guardano faccia a faccia.
È vero che “nessuno può vedere il Signore senza morire” Es 33,20, questo è vero perché Abramo è dovuto morire a tante cose per vedere il Signore e alla fine l’ha visto.
Su una montagna Dio dà appuntamento a chiunque ha vissuto come Abramo l’esperienza di un dono, e la montagna in Gesù dà appuntamento a Pietro, Giacomo e Giovanni, per fare l’esperienza del dono, del dono della trasfigurazione, del dono della Sua presenza. E lì che Pietro vuole mettere delle capanne /tende, vuole afferrare il dono ma anche lui è chiamato a disfarsi del dono e scendere dal monte e deve continuare a seguire il Signore Gesù.
O R A T I O
Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe,
come piccoli che imparano a camminare
ci lasciamo condurre per i sentieri della fede
dall’esempio dei nostri padri
che hanno creduto al giuramento
che hanno conosciuto l’audacia del viaggio
che non hanno temuto di morire
che non hanno atteso prima di rispondere “Eccomi”.
Ti ringraziamo perché non ci hai lasciati orfani,
perché sulle spalle dei giganti
intravediamo “già” l’orizzonte del “non ancora”.
In Gesù ci doni il compimento delle antiche parole.
Con Lui, Signore e fratello nostro,
ci nutriamo dei racconti della fede di chi, prima di noi,
si è consegnato a te con amore.
Liberaci dalla tentazione di appropriarci del tuo dono
e di risparmiarti qualcosa di noi stessi.
Rendici occhi che scrutano l’aurora,
orecchie che ascoltano il silenzio,
bocche che fanno risuonare il lieto annunzio,
cuori che bruciano di zelo. Amen.