“Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità” (Papa Francesco 27 Marzo 2020, Basilica di San Pietro)
Si possono dire tante cose attraverso le parole, ma non andare mai all’essenziale, come girare attorno a qualcosa senza mai fare centro. Così come i nostri gesti possono esprimere vicinanza ma anche tenerci prigionieri di false sicurezze.
Per Papa Francesco non è così. Le parole, come i gesti, sono misurate e puntuali, carichi di senso, modellate, come cucite sulla nostra pelle, giuste, mai strette da toglierci il fiato, capaci di aprire varchi di speranza in mezzo alla fitta nebbia che da giorni copre la terra. Perché le sue parole sono eco della Parola che parla all’uomo di tutti i tempi, perché Colui che le pronuncia, dalla sua creatura non può prendere le distanze, anzi gli si pone accanto per aiutarlo a ritrovare la via perché da solo non va da nessuna parte. Da solo è perso. Ma solo insieme!
Parole che spengono la paura mista ad angoscia che attraversa l’anima e il corpo degli uomini e delle donne del nostro tempo, per far spazio alla responsabilità condivisa. Questo non è frutto solo di buon senso, in un contesto di emergenza, ma è opera e dono dello Spirito che agisce nei cuori e nella vita di chi si riconosce piccolo e impotente e a Cristo si affida dal quale spera oltre ogni speranza con la certezza di essere “ascoltati” perché per Lui ogni vita conta!
Parola che nel “silenzio” fa breccia e si eleva in preghiera.
Silenzio! Sì, come quello che respiri per le strade e nelle città di tutto il mondo, ormai da settimane, in questi giorni.
Ma mai come quello di ieri sera nel cuore di Roma, in una piazza dove a parlare è la pioggia battente sul sagrato della Basilica di San Pietro e la luce dei riflettori accesi su un uomo che scende in campo come chi vuole andare in battaglia avendo scelto bene le sue armi: “La preghiera e il servizio silenzioso”!
Solo due occhi a cui guardare lì in quel momento storico: quelli di Cristo nel Ss. Sacramento e quelli del Crocifisso. Gli stessi che parlano di amore e di dolore. E in quegli occhi quelli di tutta l’umanità “collegata” per attingere a quello sguardo che sana e guarisce, che sostiene e conforta! Una nuova connessione tra cielo e terra!
Questo ha fatto quel “silenzio”:
«ha abbattuto il muro di separazione che era frammezzo […]
Voi che eravate lontani siete diventati vicini per mezzo del sangue di Cristo» (Ef 2,13-14).
Ci ha costretti a fermarci, a guardarci dentro, ad alzare lo sguardo troppo spesso ripiegato sul proprio ombelico; un silenzio quanto mai propizio capace di entrare negli sguardi persi e nelle ferite aperte, ha toccato le corde più profonde della nostra esistenza per riportare alla luce ciò che di più sacro custodiamo, forse da tempo assopito.
Una PAROLA – ha detto il Papa commentando il brano dell’evangelista Marco – di cui tutti abbiamo bisogno, perché “tutti nella stessa barca”, tutti fragili e disorientati, ma tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda.
Grazie al “tabernacolo domestico”, come è stata definita la Tv da qualcuno, espressione quanto mai azzeccata, è entrata la GRAZIA apportatrice di SALVEZZA per i credenti e non, un segno di speranza “perché Dio non è lontano da noi”!
Un momento così intimo e allo stesso tempo potente nella sua essenzialità dove la pioggia battente si è mescolata simbolicamente alle lacrime che tanti volti ha segnato, al di qua di uno schermo, volti commossi di chi pur stando a casa si è fatto presente in quella piazza … nel cuore del mondo che si ferma e attende, che chiede perdono e si rialza. Perché pur nella prova, pur nella sofferenza sta già nascendo qualcosa di nuovo.
Un uomo certamente ispirato, Papa Francesco, che la scorsa sera ha voluto fortemente intercedere e trasformare ancora una volta in preghiera la tragedia di tante morti perché unita a quella di Cristo si apra alla vita nuova. A questo ha mirato l’INDULGENZA PLENARIA “offerta” senza condizioni. A quanti ad essa si sono preparati ha gettato luce nel buio della notte e sedato la tempesta della nostra poca fede. Mai come ora questo tempo quaresimale ha parlato all’uomo che a Dio vuole tornare: “è tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo” (Papa Francesco).
Ha senso pregare ai piedi della Salus Populi Romani e del Crocifisso; ha senso affidarci alla Madre e al Figlio, ha senso aggrapparci alla Croce perché in essa siamo stati salvati! Abbracciamo il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.
Sr Laura Di Noto